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LA PIRAMIDE DIVENTA SOCIAL

Aggiornamento: 29 gen 2018

30 Maggio 2017

LA DIETA mediterranea aggiunge anni alla vita. Ma soprattutto aggiunge vita agli anni. Perché regala una quarta età serena e senza acciacchi. È quanto emerge da uno studio del MedEatResearch


Il Centro di ricerca sociale sulla dieta mediterranea dell’università di Napoli Suor Orsola Benincasa già dal 2012 sta svolgendo un’indagine sui tassi di longevità rapportati agli usi e costumi della popolazione del Cilento, dove i centenari sono un esercito. Dall’indagine è emerso che rispetto al resto d’Italia si vive molto più a lungo e in salute, anche senza essere dei privilegiati. Come dire che la longevità da queste parti è un bene comune. Tanto che già negli anni Sessanta l’aspettativa di vita media aveva toccato quegli standard che il resto d’Italia dovrebbe raggiungere nel 2025. La ricetta è semplice. Tanta verdura, frutta, legumi, pesce azzurro, pasta, pane, olio extravergine. Un consumo oculato di latticini e vino. Carni bianche, formaggi e uova quanto basta. Carni rosse e salumi con moderazione. I dolci non vanno demonizzati ma consumati con giudizio. Senza esagerazioni ma senza autopunizioni. E poi, la vera dieta mediterranea al buon cibo aggiunge il movimento, l’aria pulita e soprattutto la convivialità, il gusto di mangiare in compagnia dedicando ai pasti il giusto tempo.

E, infine, il piacere della tavola. È questa la formula ecoalimentare che ha trasformato alcuni paesi della provincia di Salerno in un caso di studio internazionale.

Paestum, Acciaroli, Pollica, Pioppi, Agnone, San Mauro, Velia e Castellabate, la cittadina del film Benvenuti al Sud. Un fazzoletto di terra noto come il “triangolo della lunga vita”.

A coniare la definizione furono Ancel e Margaret Keys, gli scienziati americani che, negli anni Cinquanta, dopo un viaggio nell’Italia del Sud, intuirono che nel modo di vivere e di mangiare di quel popolo di contadini e pescatori fosse custodito il segreto della longevità.

E soprattutto un metodo semplice e alla portata di tutti per prevenire le malattie cardiovascolari. Per definirlo e proporlo a tutto il mondo inventarono l’espressione dieta mediterranea. Un’etichetta nuova dal sapore antico per quella che si può considerare la scoperta del secolo. A impressionare i due fu l’ospitalità antica di quelle popolazioni, non certo ricche e tuttavia sempre pronte a condividere cibo e risorse.

Con le parole di oggi potremmo dire che i Keys riconobbero nella dieta mediterranea una sharing diet, cioè una dieta della condivisione che mette al centro di tutto la salute dell’individuo ma anche quella dell’ambiente. E della comunità. Segue le stagioni, non spreca le risorse, non eccede nelle quantità. Insomma, aiuta a mantenere in buono stato il tessuto connettivo ma anche il tessuto collettivo.

In Cilento, infatti, si respira ancora oggi un’aria di soddisfazione tranquilla che è l’esatto opposto della bulimia consumistica, dell’ansia da performance che sono il modo di vivere del turbocapitalismo. E d’altra parte basta un po’ di buon senso per capire che non ci può essere vero benessere se manca la cura dell’essere.

Dove i comportamenti sono tanto importanti quanto gli alimenti. Una piramide social. Per non commettere l’errore di ridurre la dieta mediterranea a una tabella nutrizionale, a un elenco di tabù e di proibizioni. Perché per mettere la salute nel piatto, non è sufficiente calibrare proteine, carboidrati e vitamine. Altrimenti andremmo a pranzo direttamente in farmacia.

E allora qual è la ricetta? Ambiente sano, ritmi umani. E tanta, tantissima condivisione. Le ricerche più recenti dicono, infatti, che la solitudine fa più danno dell’obesità. Perché è una disfunzione del corpo sociale. E dunque mangiare un pomodoro in piedi davanti al frigorifero non significa seguire la dieta mediterranea. E meno che meno farsi del bene. Insomma il Mediterraneo ci ha consegnato una ricetta sana, buona e democratica per nutrire il futuro.

[fonte www.repubblica .it ]


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